Vale e Marquez, la stretta

Non c’è un momento in cui bisogna stringere la mano all’avversario col quale avevi rotto brutalmente, occorrerebbe farlo sempre, eppure Valentino ha scelto quello più giusto. “Facciamo uno sport pericoloso, bisogna avere buoni rapporti. Devi toglierti dalla testa certe cose”, ha spiegato. A 37 anni è più facile, o dovrebbe esserlo, ragionare, giustificare anche, e perdonare. Se poi interviene l’attualità, una tragica attualità, a importi riflessioni e atteggiamenti supplementari, la stretta di mano diventa salvifica, in quella stretta di intrecciano e sovrappongono orgoglio professionale, passione, fragilità e coraggio, umanità.

Allungando la mano verso un sorpresissimo Marquez, Valentino ha pensato anche a Salom, Simoncelli, Tomizawa, Prior, Kato, Wakai, a chi la pista ha portato via negli ultimi anni. E a quello che gli ha dato: trionfi senza fine, popolarità, qualche insuccesso, crisi e rivincite, 75 vittorie in Motogp, 13 nella classe 500, una sorta di immortalità di genere.

Tre anni fa, proprio dopo un gp di Catalogna, qualcuno scrisse che era quello il momento ideale per smettere, per porre fine a una carriera fantastica che non meritava cadute: il tempo era venuto, insomma. Tre anni dopo siamo ancora qui a celebrare il fenomeno, uno degli sportivi più amati e discussi di sempre, capace di ricevere critiche e dividere ma solo per faccende che non attengono alle corse.

“Smetto quando voglio” ripete Valentino. Nel frattempo si concede anche qualche lezione di buonsenso.