Tifiamo per questa Nazionale “agghiacciande”

Per la prima volta ci manca il giocatore-partito, quello capace di dividere o aggregare smuovendo anche i meno appassionati, l’uomo della speranza o dell’illusione, del potenziale e della scintillante fantasia – in tempi recenti lo sono stati Baggio, Del Piero, Totti, Pirlo e per certi versi anche Cassano e Balotelli, in particolare quattro anni fa.

Per la prima volta ci manca il grande assente ingiustificato, quello del “come si fa a lasciare a casa uno come lui?”, che non può essere Pavoletti, anche se io l’avrei portato. Marchisio e Verratti rischiamo di rimpiangerli, ma non sono fuori gara per scelta tecnica bensì per infortunio.

Per la prima volta uno vale l’altro, dalla metà in su, e allora ci sentiamo più deboli della concorrenza, molto più deboli.

Per la prima volta temiamo che chi non ci vede superare il primo turno abbia ragione.

Per la prima volta la maglia numero 10 se l’è assegnata il commissario tecnico.

Per la prima volta affrontiamo la fase finale di un Europeo con un selezionatore che a fine torneo lascerà indipendentemente dai risultati. Proprio Antonio Conte sarà l’argomento principale delle nostre discussioni, tutto ruoterà intorno a lui, alle sue capacità, alla sua personalità, ai suoi eccessi, alle sue ossessioni, al suo lavoro, alle sue astuzie, ai suoi precedenti, alle sue parole nel prima e nel dopo.

Per la prima volta “agghiacciande” è uno stato d’animo diffuso.

Per la prima volta tifare Italia sembra (è) esclusivamente un atto di fede.