Il Trap è il Trap. Lo si può criticare, provare a ridurre e prendere in giro anche, ma lo si deve innanzitutto amare per come ci è e ci fa da più di quarant’anni.
Il Trap (Giovanni) è il mio nuovo compagno di banco alla Domenica sportiva, un compagno di 76 anni, rimandato più volte in italiano ma fortissimo in tutte le altre materie. Un ragazzo del ’39 sorridente, educato, furbo, piacevole e preparato a tutto: si è laureato all’Università del calcio Giampiero Boniperti. Uno che ne ha viste di ogni e che ne ha date e subite anche di toste: penso ad esempio ai Mondiali 2002 sottrattigli dall’arbitro truffa Byron Moreno oppure al gol irregolare di Henry che permise alla Francia di qualificarsi al posto della sua Irlanda, uno dei più grandi scandali dell’ultimo ventennio.
Il Trap ha più vinto che perso ovunque: in Italia, Germania, Portogallo, Austria, Irlanda. Sparla quattro lingue. Sognava un finale africano e nei mesi scorsi si è inutilmente vaccinato contro l’ebola perché aveva avuto contatti seri con Costa d’Avorio e Egitto.
Il Trap è un ricchissimo campionario di battute e uscite non del tutto involontarie. Ricordo che un giorno telefonò a Cucci, suo vecchio amico e critico che gli aveva dato del “rincoglionito”, per dirgli: “Guarda, Italo, che abbiamo la stessa età”.
Ieri sera il Trap ha esordito come commentatore tecnico di Raisport. Con i suoi tempi, le sue frasi smozzicate, le sue esortazioni, la sua dolcezza, il suo entusiasmo, continuando a fare l’allenatore in panchina e evitando gatti e sacchi ma sfornando perle come questa: “La difesa maltese è come una spugna: si mette acqua, acqua, acqua e alla fine si perde l’acqua”.
Il pubblico l’ha adorato comunque, qualche giornalista che lui da anni chiama per nome l’ha preso in giro non sempre col garbo che meriterebbe.
Ma il Trap è una spugna: si mette acqua, acqua, acqua e alla fine non perde mai.