Sacchi, il bel gioco dura tanto

Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Perché da anni Sacchi il commentatore, l’ex tecnico, ha assunto una funzione omeopatica, è un’ottima medicina che non cura ma non fa nemmeno danni: ci riporta infatti – sistematicamente e inutilmente – all’essenza del bel gioco, all’utopia per noi italiani senza più campioni – e poco importa se il suo bel gioco resta associabile solo alle stagioni milaniste: innovatore lo è stato senz’altro, qualcosa di grande ha fatto.

Ogni due per tre Arrigo ripete le stesse cose, e noi tutte le volte ci sorprendiamo, qualcuno addirittura si scandalizza. Dopo essere stato infamato per aver detto che i nostri settori giovanili sono pieni di ragazzi di colore (il significato era chiarissimo ma qualcuno si è divertito a farlo passare per razzista) in un’intervista a Vittorio Oreggia di LaPresse Arrigo ha trovato il modo di “ridurre” il lavoro di Allegri insistendo sui concetti di bello e di nuovo. “C’è un drappello di allenatori che sono geni, innovatori” ha spiegato, “latori di un’idea diversa e originale. Sono felice che sia finita una certa dittatura tattica, per cui da noi si giocava sempre e solo in un modo, preoccupandosi prima di non prenderle e poi di agire in contropiede”.

Tre le categorie che ha indicato: i geni, cinque o sei al massimo, gli orecchianti, che sono la maggior parte, e i vecchi italianisti aggrappati alla tattica esasperata. I nuovi fenomeni sono Di Francesco, Spalletti, Sarri, Sousa e Giampaolo, che mettono il gioco al centro di tutto, “perché una vittoria non meritata non è una vittoria”. Conte resta “il primo della lista, un fenomeno, però deve spogliarsi della sua italianità”. E Allegri? Per Sacchi è una via di mezzo: “E’ bravo tatticamente, sa cambiare in corsa, però gli interessa solo vincere”.

“A livello di società” ha concluso “la Juve è avanti a tutti di dieci anni, ma non coniuga i tre verbi come facevamo noi nel grande Milan. Vincere, convincere e divertire. Ne coniuga appena uno, vincere. In Italia può bastare, perché pure il Rosenborg vince sempre lo scudetto in Norvegia, ma in Champions no”.

Ricordando che l’ultima finale di Champions è stata Barcellona-Juve e che i norvegesi l’hanno vista come sempre alla tele (sottolineo tuttavia che non ha paragonato la Juve al Rosenborg: sintesi giornalistica, lui non è scemo), dico che se continua così anche il Grillo Parlante Arrigo di verbi ne coniuga uno soltanto. A voi individuare quale di tre.

La Fiorentina esiste, è il caso di considerarla

Della formazione-tipo di Paulo Sousa il solo Borja Valero sarebbe titolare in una delle tre grandi avversarie, Inter, Napoli e Juve – anche se non escludo che un mediano come Badelj potrebbe far comodo all’Inter.

Donnarumma, aiutaci tu!

Oggi il sedicenne Donnarumma costituisce l’anomalia di una prima pagina, quella della Gazzetta, il principale quotidiano sportivo italiano, i cui titoli sono per “i 20 anni di Buffon”, venti di campo su quasi 38; la biografia dell’irriducibile Bobo Vieri, 42; il ds dell’Inter che parla di Pirlo, 36 (e Candreva, quasi 29); l’addio di Lomu, purtroppo a soli 40 anni. […]

Cuadrado e Cerci guastatori di Juve e Milan

Uno, Paulo Sousa, fa palleggiare i suoi e li muove con sapienza, da eccellente regista quale era ed è rimasto; l’altro, Mancini, palleggia uomini e schemi ed è il vero fantasista della squadra.