Niente calcio: ciclismo. Niente campionato (si rigioca in settimana): mondiali. Ieri sera ho trascorso qualche ora in compagnia del selezionatore della nazionale che domenica sarà impegnata a Richmond, Davide Cassani, un amico (abbiamo scritto insieme il libro su Pantani), e a più riprese gli ho sparato addosso dei perché: perché fuori Aru, fresco vincitore della Vuelta? Perché ha rinunciato anche a Visconti e De Marchi, tra i migliori professionisti italiani? E perché Nibali, l’ultimo Nibali?
Davide mi ha risposto così: “Perché nella mia posizione bisogna avere il coraggio di scegliere: è troppo semplice mettere insieme gli undici più forti trascurando le caratteristiche del circuito soltanto per assecondare la volontà popolare o le sollecitazioni dei media. Ho parlato con Fabio e con gli altri, hanno capito. Mi sono assunto la piena responsabilità di queste decisioni, le salite mi sono sempre piaciute”.
Se vincerà sarà stato un fenomeno; se perderà, un coglione. Mi ha dato ragione.
Cassani che rinuncia a Aru, Visconti (“ormai uno scalatore, a Richmond ci sono giusto tre strappetti”) e De Marchi e un po’ come Conte che agli Europei non porta Verratti, Florenzi e Marchisio. La fiducia a Nibali, squalificato in Spagna, deriva infine dalla sua adattabilità al percorso ma anche “dal fatto che negli ultimi giorni ha lottato per meritare la convocazione ottenendo ottimi risultati”.
Non vi dico, poi, quando l’ho invitato a farmi l’elenco degli avversari più temibili: dopo cinque minuti non aveva ancora finito di snocciolare dei nomi.
La squadra di Cassani è questa, un undici: Bennati, Colbrelli, Oss, Quinziato, Felline, Nizzolo, Nibali, Puccio, Viviani, Trentin, Ulissi.
Diceva Camus: “Avere la forza di scegliere ciò che si preferisce e di attenervisi. Se no è meglio morire”. Il solito esagerato, e poi Camus non andava in bici.