L’estate scorsa si ritrovarono al raduno in tredici più Castori. Oggi Carpi è strameritatamente in Serie A – bravo anche Giuntoli. Sempre un annetto fa Filippo Fusco, il nuovo, giovane responsabile tecnico di un Bologna a rischio fallimento, si mise di buzzo buono e anche grazie all’aiuto del Verona di Setti, ex vicepresidente del Bologna, e della Juve rifece la squadra da zero (Morleo l’unico superstite) chiudendo il mercato con un attivo di 12 milioni: euro spesi, nessuno; numerose le operazioni “compensative” (Lazaros-Maietta-Sorensen, prestito di Buchel): il club aveva l’urgenza dell’iscrizione prima di fine giugno e l’iscrizione arrivò. Il monte ingaggi scese da 34 a 21 milioni; per le procure non fu tirato fuori un solo euro.
Chiuso il girone d’andata, 21 partite, quel Bologna (aveva un’anima ma anche evidenti limiti fisici e tecnici) guidato da Diego Lopez era secondo con 34 punti, a 9 dal Carpi che nel frattempo si era inventato gruppo formidabile. Trentaquattro punti li aveva anche il Frosinone di Stellone, l’unica delle tre promosse a essere l’espressione di un progetto. Il Pescara era undicesimo.
Tra l’autunno e l’inverno il Bologna aveva evitato il fallimento passando miracolosamente da Guaraldi a Joe Saputo che per aggiustare i conti fu in seguito costretto a tirar fuori una cinquantina di milioni. A gennaio, il mercato delle nuove ambizioni e l’arrivo di sei riserve di A, Gastaldello, Mbaye, Sansone, Mancosu, Krsticic, Da Costa, una campagna quasi inutile, se si eccettuano le prestazioni di Sansone e Da Costa, ma in primo luogo la rottura di numerosi equilibri.
Il resto lo sapete: via Diego Lopez dopo la disastrosa prova di Frosinone e dentro Delio Rossi, poco gioco anche con lui (i giocatori quelli erano), un paio di traverse beatificate (Avellino, Pescara) e la A.
E non venitemi a parlare di programmazione, in B.
PS. Sono felice solo per la gente della mia splendida città. E se la curva dove sono cresciuto evitasse certi cori lo sarei ancor di più: siamo Bologna.