Pazza Inter, curala

Non ho più dubbi: l’Inter è effettivamente pazza, bipolare. Perché non si può passare in soli tre giorni dalla prestazione di Torino a quella di San Siro. Poche squadre al mondo sono capaci di mostrarsi allo stesso avversario succubi la domenica sera e dominanti qualche ora dopo. Certo, se fossi Mancini penserei di aver sbagliato formazione in campionato (fuori Brozovic, Perisic, Eder, Biabiany, i migliori a Milano) oppure di aver trovato finalmente le parole e gli equilibri giusti nell’intervallo tra una partita e l’altra.

Quale sia la verità, non so. Restano negli occhi la rapidità, l’organizzazione, il pressing, i recuperi, la tenuta, il lavoro sulle fasce sviluppato da Biabiany Santon, Nagatomo e Perisic – i 30 cross prodotti dagli esterni Icardi li può sfruttare in un anno -. Un’Inter con le palle, insomma, messa in difficoltà dal solo Zaza, davvero brillante e coraggioso.

Della Juve ho detto e scritto di tutto, soprattutto nel bene. Ieri sera ho però rielaborato, adattandolo, un celebre pensiero di Gary Lineker che volle esaltare le capacità e il cinismo della nazionale tedesca, e questo è il risultato: “Il calcio italiano è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 o 120 minuti, e alla fine la Juve vince”.

Un’ultima annotazione, giusto per sottolineare le infinite ostilità, sino ad arrivare a parole violentissime, ma in primo luogo per evidenziare posizioni, emozioni e cambiamenti di registro e tono di numerosi tifosi. Ho seguito come sempre in diretta la partita, anche su Twitter: sul 3-0 decine di juventini erano critici con la squadra e Allegri, ovviamente solo sulla prova in coppa: ricordando le assenze, scrivevano che l’Inter avrebbe meritato il passaggio del turno. Vinta la partita ai rigori, la svolta: irrisione e richiamo all’andata, alla superiorità mostrata da Bonucci e compagnia. Nessuno ha più voluto riconoscere i meriti degli avversari.

Squadra che vince, si cambia atteggiamento. Ma è normale così, quando è Juve-Inter.

Mancini è rimasto solo

In progressione, nel giro di pochi giorni: la baruffa con Sarri e l’accusa spiazzante in tv (“mi ha detto frocio e finocchio”); la frecciata pubblica a Icardi (“a cinquant’anni quel gol l’avrei segnato anch’io”); la stilettata all’amico Sinisa (“deve fare meno battute”);

Sarri ha già pagato con l’imbarazzo

Trent’anni fa, a seguito della denuncia di un lettore, il personale della Biblioteca di Nimega decise di togliere dagli scaffali “Storie di ordinaria follia” perché considerato “sadico, a volte fascista e discriminatorio nei confronti di alcuni gruppi”, tra i quali gli omosessuali. Charles Bukowski, l’autore, reagì inviando una lettera al giornalista olandese Hans van den Broeck: “La cosa che io temo di discriminare – eccone un passaggio – sono l’umorismo e la verità.

Mancini e le colpe di fortuna

In passato abbiamo avuto il culo di Sacchi, poi quello di Zac (Zaccheroni) e adesso ci ritroviamo a discutere del fondoschiena di Mancini; Mancini al quale gli avversari, alcuni colleghi (suoi) e parte della critica faticano a riconoscere meriti, capacità.

Le italiane agli italiani!

Il girone lo superava anche con un Milan in difficoltà. Al primo anno di Juve ha raggiunto la finale; al secondo, la qualificazione con un turno d’anticipo. Eppure il gruppo D non era considerato dei più semplici: i milionari del City, le due E-League di fila del Siviglia di Emery, la nuova vita del Moenchengladbach. Undici i punti raccolti in […]