A Monaco, non a Berlino, dieci anni dopo. E comunque sempre in Germania, là dove conquistò il mondo. Bayern-Juve è anche – se non soprattutto – la partita di Buffon, il miglior portiere degli ultimi vent’anni; Buffon uomo dalle tante esistenze, dalla personalità sfaccettata, qualche concessione all’errore ma soltanto lontano dalla porta, nella vita di tutti i giorni.
Ho accompagnato tutta la carriera di Gigi, da quando esordì col Parma a oggi che si ritrova a 4 minuti da un record prestigioso, quello di imbattibilità in campionato. Un primato che merita, che ne sublima la carriera e che dovrà e vorrà condividere soprattutto con Chiellini, Bonucci, Barzagli e Marchisio, i suoi principali collaboratori.
Nel 2010, nei giorni che seguirono l’infortunio alla schiena, Buffon pensò che la sua avventura juventina fosse addirittura finita e che il futuro lo avrebbe visto all’estero “perché non mi vedo in un’altra italiana”. Forse lo cercò la Roma; forse, perché il suo agente Silvano Martina, ex portiere, lo protesse in ogni modo. Di sicuro Buffon si immaginò in una big inglese, lo United, ma il viaggio restò mentale.
Ripresosi fisicamente, ha riconquistato se stesso e la Juve, e attraverso Conte ha completato la maturazione. Sono convinto che il Buffon attuale sia il miglior di sempre, più equilibrato e sintetico. Ora che sa di essersi avvicinato alla scadenza si gode ogni minuto, ogni intervento, investe sulla perfezione, sui dettagli, gioca meno sulla sua eccezionale presenza scenica, non tralascia particolari, non eccede. Para tutto.