Gioca mena prega. L’estate scorsa, quando Mancini insisteva anche pubblicamente per avere il trentaduenne Melo, otto interisti su dieci mostravano la loro diffidenza considerandolo uno scarto del calcio turco. Dopo 15 punti in 5 partite Fil è diventato il cuore, il fegato e i muscoli della squadra. L’irrinunciabile.
Per Melo il calcio è contatto, talvolta duro, durissimo. Durante, e anche dopo. Al termine di un accesissimo Fiorentina-Cagliari – era il Cagliari di Allegri – non soddisfatto di quello che si erano detti lui e Diego Lopez, attese l’uruguaiano nel tunnel del Franchi. Quando Lopez, altro duro, lo vide gli urlò “brasiliano di me…”. Non riuscì a completare la frase perché Fil lo riempì di cazzotti. Stessa cosa fece al Galatasaray con un compagno che aveva avuto una settimana difficile e si era permesso di abbandonare l’allenamento prima del tempo: rientrò negli spogliatoi, chiuse la porta a chiave e gli impartì una lezione di jiu-jitsu brasileiro, del quale è un campione.
Non ho alcuna intenzione di fare l’apologia della violenza, ci mancherebbe: racconto questi episodi per spiegare meglio il nuovo idolo della tifoseria interista, un atleta che interpreta la professione come una specie di missione dove tutto o quasi è ammesso in funzione dell’obiettivo finale e dove impegno e attenzione sono valori imprescindibili.
Melo è il teorico del “di quello che dicono gli altri non ce ne frega nulla”. La sua vita è tutta casa, famiglia, religione, fitness, campo. Su twitter ha 1 milione e 800mila follower, molti dei quali turchi; e un profilo aperto al cane – Kyra Melo, the dog – sul quale ogni tanto abbaia.
Gli avversari l’hanno preso di mira, gli arbitri lo controllano a svista.
L’Inter di Mancini – herreriana ma con meno qualità – non ne può proprio fare a meno. Soprattutto ora che il Melo fa anche le pere.
Caro Zazza, no, stavolta non ci siamo. La tua in questo caso è proprio un’ apologia della violenza. La settimana scorsa il “tuo” Felipe ha rotto uno zigomo e ieri quasi una caviglia. E’ un caso che ci sia sempre lui di mezzo? E poi ha il coraggio di rispondere a chi si lamenta che dovrebbe andare a giocare a tennis. E poi ringrazia Dio in continuazione diventando quasi indisponente. Direi che la sudditanza psicologica degli arbitri è alquanto evidente in questi casi. Secondo te se giocasse in una provinciale, magari pure di bassa classifica, quante partite finirebbe? A questo punto c’è solo da augurarsi che sulla sua strada passi quanto prima Nainggolan ………..