Ridono sempre loro, questa volta grazie a Matri, la quarta punta. Mentre Allegri, che non ho mai visto ridere tanto, baciava la coppa Italia ho ripensato alle parole di Cruijff che da catalano acquisito ha stangato il Madrìd, le sue spese folli, e elogiato la Juve, la bellezza delle idee, la prevalenza del gruppo e di un calcio certamente meno spettacolare ma più essenziale. Quel giudizio l’ho proiettato a Berlino traendo conclusioni ottimistiche.
Certo, se la Juve dovesse battere (addirittura) il Barcellona del trio da 400 milioni e alzare la Champions (troppa grazia?) il messaggio sarebbe addirittura più potente di quello dell’Atlético la scorsa stagione: contenendo i costi, anche perché i debiti del club sono ancora preoccupanti ancorché sotto controllo, e investendo sul lavoro e su una serie di giocatori “restaurati” (Godin, Juanfran, Tiago, Diego Costa, Diego) Simeone è arrivato a un passo dallo storico successo in Europa e proprio sul Real di Ronaldo, Bale, James, Kroos, Modric; la squadra di un presidente, Florentino, sceicco di Spagna che ha la spudoratezza e l’arroganza dei grandi soldi e quasi sempre si spinge oltre il limite della decenza: dopo averne messi cento e passa su Bale, pochi mesi fa ne ha tirati fuori 31 per un giocatore, Danilo, che si poteva tranquillamente portar via con la metà.
Le imprese, quelle vere, bisogna saperle riconoscere e apprezzare: il dominio dei fatturati è sfinente e quando è il meno ricco a far fuori il miliardario la notizia è ottima per i più.