Garcia nel campionato dei piagnoni

Pioli ha ragione quando – dopo essersi dichiarato favorevole ai tecnici stranieri in Serie A – conclude che “… poi cambiano in fretta e diventano peggio di noi italiani”.

Non fa una piega. Ricordo, ad esempio, il gesto delle manette di Mourinho, il fuoriclasse del genere, la sua battuta sulla “prostituzione intellettuale” e tutta una serie di altri attacchi-alibi spesso condivisibili che, una volta rientrato a Londra, ha esportato nella Premier – poco importa se, vinto nuovamente il titolo, si è dovuto scusare con tutti ammettendo di essersi sbagliato. Questa volta, solo questa volta.

E non ho dimenticato il “ci può stare” di Benitez dopo Napoli-Juve con il gol in fuorigioco di Chiellini. Oppure, e arrivo al punto, la romanizzazione di Rudi Garcia che, prima del derby, si è esibito in una performance degna del miglior Mazzone.

Siamo la Champions League dei piagnoni, i professori della comunicazione deviata, gli strateghi della tensione del prima e del dopo, talmente esasperati e esasperanti da riuscire a “italianizzare” in poche settimane spagnoli, portoghesi, francesi – non escludo che presto assisteremo alla trasformazione di indonesiani e americani.

“Le frasi della vigilia fanno parte dello show” ha spiegato Garcia dopo il 2 a 1 da 40 milioni. “Servivano solo a destabilizzare la Lazio”.

Benvenuti al Teatro (de)stabile (e spesso detestabile) del pallone, dove chi vince ha ragione e chi perde è un gran coglione (cfr. Mezzetti).