La straordinaria bellezza della partita imperfetta

Bellissima poiché perfettamente imperfetta. Ho amato Barcellona-Siviglia, la partita secca che ha assegnato la Supercoppa europea, e credo che l’abbiano gradita parecchio anche gli appassionati georgiani presenti allo stadio di Tbilisi e milioni di telespettatori.

In 120 minuti il calcio ha regalato con innegabile generosità momenti piacevolissimi, perle e errori, alti e bassi, altissimi e bassissimi, storie chiuse.

Provo a riassumerli: l’1 a 0 del Siviglia dopo pochi secondi con Banega; il punteggio immediatamente capovolto da Messi con due perle su punizione; il gol valido annullato a Suarez; la rete del figlio e fratello d’arte Rafinha (Mazinho il padre, Thiago Alcantara l’irmao); l’imbarazzante superiorità tecnica dei campioni d’Europa, ma solo fino all’intervallo; lo stordimento di Emery, il tecnico più inutilmente cercato dell’estate; il secondo tempo e la partita rovesciata: da 4-1 a 4-4 con tanto di ingresso di Immobile per l’assist del rilancio; i cuori dei tifosi sivigliani a rischio infarto; i supplementari e la sensazione che qualcosa di eccessivo sarebbe potuto accadere – sospetto di aver dimenticato qualcosa -; il 5-4 ovviamente decisivo di Pedro, la riserva di lusso all’ultima esibizione con la maglia del Barça; l’errore di Rami a porta vuota a pochi secondi dal fischio finale.

Non è stato calcio breriano: è stato calcio nella sua massima espressione spettacolare e naturale.