Nel 2006, per i vent’anni del Milan di Berlusconi, scrissi un libro per la Rizzoli (“Il diavolo custode” – prefazione di quell’angioletto di Sepp Blatter, pensate un po’) che non è mai uscito: colpa di uno scazzo politico tra Paolo Mieli, allora direttore del Corriere della Sera, e il Cavaliere che ne bloccò la pubblicazione: troppo agiografico, dissero. I diritti li rilevò Cairo editore, ma anche in quel caso il diavolo restò chiuso nel cassetto. Di buono c’è che fui pagato da entrambi per il mio lavoro.
Andò benissimo.
Proprio ieri, giorno del trentesimo anniversario della storica acquisizione (10 febbraio ‘86), ho ritrovato le bozze e le ho rilette. Avevano ragione: troppo agiografico, giustamente agiografico però, visto che si fermava al 2006 e celebrava un Milan straordinario, spesso imbattibile.
Gli ultimi cinque anni sono stati quelli del ripiegamento su se stesso, della crisi e dei tormenti, delle contestazioni e della volontà di cederlo maturata, purtroppo, nei mesi di Mr Bee.
Berlusconi ha restituito vita e gloria al Milan, e questo è un fatto: ma tutto finisce: nel calcio che non contempla l’happy end ma s’inchina ai quattrini, quasi sempre male.
Da un altro libro – pubblicato, quello -, “L’avvocato del diavolo” di Vittorio Dotti, all’epoca uno dei principali collaboratori e amici di Berlusconi, ho ripreso un passaggio noto a tanti ma sempre divertente: “Nel 1982 – racconta Dotti – Berlusconi fu preso dalla smania di comprare l’Inter. Come imprenditore televisivo aveva avuto una grande intuizione: il mondo del calcio è un immenso bacino di pubblico; ogni tifoso è un potenziale consumatore; ogni consumatore è un potenziale utente televisivo. Gli ingranaggi del pallone e quelli della tv si sarebbero sincronizzati alla perfezione, mettendo in moto una poderosa macchina da soldi. Il ragionamento filava tranne che per un particolare: “Se sei milanista – gli feci notare – perché non compri il Milan?”. E lui: “Purtroppo non posso. Il mio mago mi ha detto che mi porterebbe sfortuna”. Come molti grandi imprenditori (notissimo il caso di Gianni Agnelli), anche Silvio si era procurato un chiaroveggente di fiducia che mi disse chiamarsi Moro. Berlusconi si era consultato con lui e Moro era stato molto chiaro: il Milan portava iella, guai ad acquistarlo. A Silvio dispiacque parecchio: era di famiglia rossonera e aveva sempre tifato per il Diavolo. Anni dopo avrebbe dischiarato: “Il Milan ce l’ho nel sangue e per me è sacro”. Eppure, a causa di quella profezia, aveva deciso di buttarsi sull’Inter”.
Comunque auguri.