Sarri riporta il campo al centro del villaggio

Sarri ha vinto la partita più difficile, e in soli due mesi. Non era sceso (meglio, salito) a Napoli da Empoli per imporsi subito, ma per dimostrare che anche l’allenatore-che-allena, anche il professionista senza titoli, anche l’anti-Benitez (il tecnico manager di livello internazionale) è in grado di guidare con successo una macchina complicata come il Napoli facendo del gran calcio.

Da settimane il Napoli è la più bella squadra del campionato e forse anche d’Europa League: gioca, impone, crea, segna, vince tanto e ovunque subendo pochissimo. Per riuscirci non ha avuto bisogno di un mercato sfavillante, tutt’altro: rispetto alla squadra balbettante di Rafa, quinta alla fine, ha – in più – “solo” un portiere reduce da una stagione di inattività a Monaco, Reina, un terzino destro albanese, Hysaj, e un play che nel gruppo era già presente ma utilizzato poco o fuori ruolo, Jorginho; il resto fa parte del passato più recente.

In estate ero tra i più diffidenti, ma mi sono piacevolmente ricreduto. Sarri non ha ancora portato titoli, due mesi possono essere niente per un allenatore normale, ma lui è uno a parte: rivaluta la figura che sembrava superata del lavoratore in tuta blu: al Napoli ha dato un’anima, uno spirito, organizzazione, logica: Sarri ha messo il campo, non la chiesa, al centro del villaggio. E, soprattutto, ha riportato allo stadio i tifosi, che erano più freddi e scettici del sottoscritto.

Oggi il napoletano ha aggiunto l’orgoglio alla fede: ha una squadra bella, invidiata, unita. Non so se questo Napoli durerà, nessuno può saperlo. Ma so che adesso è, che c’è.