L’Europeo delle tante favole, la nostra a metà

    Cosa resterà di questo lungo, sorprendente, paradossale, piacevolissimo Europeo? Ecco il mio elenco, con qualcosa di personale. Non segue un ordine preciso.

    Le favole. Quelle del Galles e dell’Islanda, la nostra a metà e la più completa ed entusiasmante, la favola del Portogallo che a Parigi si riprende il titolo dodici anni dopo interpretando il ruolo del guastafeste, così come la Grecia a Lisbona nel 2004, e perdippiù senza Ronaldo.

    Le lacrime. Dello stesso CR7, azzoppato dopo 16 minuti da Payet e appunto escluso dall’ultimo atto, e quelle in diretta tv di Barzagli dopo l’uscita dal torneo, le sue parole: “C’era la voglia di stare insieme”. Una frase che sapeva di buono.

    E poi Conte aggrappato alla panchina dopo il 2-0 di Pellé alla Spagna e Buffon alla traversa dopo ogni vittoria. Il senso dell’evento, della grande occasione, la tensione, le pressioni, un modo potente di vivere e soffrire la partita.

    Le confessioni di Giaccherini a Il Grande Match: “Era Conte il nostro fuoriclasse… prima di ogni partita uno di noi parlava ai compagni, indimenticabile il poco originale ma ugualmente esaltante ‘tutti per uno, uno per tutti’ di Buffon”.

    Le giocate e i gol di Bale, Griezmann, Payet, Ramsey.

    Il gesto dell’ombrello di Pogba ai giornalisti.

    Il Geyser Sound degli islandesi subito ripreso dai tifosi tedeschi ma anche da quelli italiani durante il Preolimpico di basket. Lo ritroveremo nei nostri stadi.

    La piazza di Rejyjavik piena di gente felice e quel cielo terso, migliaia di mani pronte a battere seguendo il ritmo del cuore.

    La leadership (e la fidanzata) di Gunnarsson, il balletto di Ledley in campo e negli spogliatoi.

    Gli improbabili palleggi di Tavecchio.

    La fantastica squadra del Grande Match, la generosità e i tempi televisivi di Flavio Insinna, le lunghe camminate notturne con Sacchi e Katia Serra. I tanti selfie. I racconti spesso ripetuti ma sempre piacevoli e la curiosa risata di Arrigo.

    Bergomi che durante lo speciale di Deejay Football Club promette di sussurrare a Caressa “hai detto una cazzata, Fabio” e poi si tira indietro.

    Le brutte figure di Russia e Inghilterra, mezzo milione di russi a chiedere lo scioglimento della nazionale.

    Lo scavetto mimato da Pellé a Neuer e la Zazadance. Perdonabili ma non ancora perdonati da tutti.

    I fegati spappolati dei tifosi. Siamo stati bene e male insieme.

    L’arbitraggio rigoroso, equilibrato, perfetto di Rizzoli in Germania-Francia e noi a chiederci: perché in Italia si dirige in modo diverso?

    Gli stadi sempre piedi, le macchie di colore.

    La richiesta di Conte al Paese di indossare la maglia azzurra e il Paese che ci sta.

    Gli incidenti di Marsiglia, gli scontri tra tifoserie nella prima fase del torneo.

    Il tweet di Lineker che si chiede se Pogba non sia il giocatore più sopravvalutato del mondo.

    Un Bonucci da 60 milioni.

    I flop di Lewandowski, Muller, del Belgio, dei campioni d’Europa in carica, la fine del ciclo Del Bosque.

    La resurrezione occasionale di Nani e Quaresma.

    E questa Top11: 4-2-3-1 Buffon; Walker Bonucci Hummels Guerreiro; Modric Kroos; Bale Ramsey Payet; Griezmann. Ct Conte.

    Un aforisma: cos’è la sconfitta? Nient’altro che educazione, il primo passo verso qualcosa di meglio (cit.).

    Il ritorno dei valori. Temporaneo.

    Le stragi intorno. L’impossibilità di riempire immensi vuoti.

    Dove sei, Ronaldo?

    Ronaldo ha preso lo stesso ascensore di Pelé nel ’70, è salito fino all’ultimo piano e dopo 50 minuti di nulla o quasi ha spezzato l’equilibrio della partita.

    Orgoglio e lacrime, un’Italia indimenticabile

    E invece no, caro Barzagli, proprio le tue lacrime davanti alla telecamera della Rai, a milioni di appassionati, rendono indimenticabile questo gruppo, questo Europeo e un 7-6 ingiusto: sono arrivate al cuore degli italiani. Le abbiamo trovate così spontanee, le lacrime.

    Conte ha già vinto

    Ma li avete visti gli altri? Hodgson impietrito per tutta la partita, ogni tanto un fuck o una smorfia, molte le assenze